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San Mauro Marchesato

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Storia

Nel parlare di San Mauro si legge (annuario scolastico “La scuola in Calabria”, Istit. Edit. “La scuola Campana”, Napoli, 1926, p.383):
“La sua fondazione si fa risalire alla sconfitta toccata da Annibale presso la città di Cotrone (odierna Crotone), 196 anni avanti Cristo, per opera dei componenti di una colonia della Mauritania, sfuggiti all’orrenda carneficina di Annibale, e che si rifugiarono sul monte Chibano presso Seberina, mettendosi sotto la sua protezione. La colonia conservò per molti secoli il nome Mauritania; indi si disse Maurum e nell’era cristiana San Mauro, a cui venne aggiunto l’appellativo di Marchesato perché situato nel centro dell’antico Marchesato di Cotrone.”
Mettendo da parte la poco chiarezza sintattica del brano e sorvolando sulla presunta sconfitta di Annibale presso Crotone che non ci fu, da quanto se ne sa l’efferata strage ordinata dal duce cartaginese nei pressi di Crotone prima di lasciare per sempre il suolo dell’Italia ebbe come vittime le bande italiote che si erano rifiutate di seguirlo in Africa. Non vi è cenno, nel racconto liviano (XXX libro) che un qualsiasi reparto dei Mauri si fosse sottratto all’imbarco.
Lo storico latino aggiunge:
“Dispersa l’inutile turba di militi sotto aspetto di presidi nei borghi più importanti dell’agro bruzio, i quali in piccolo numero erano trattenuti più dalla paura che dalla fedeltà, trasporto in Africa i reparti migliori che erano nell’esercito, dopo avere ordinato di uccidere iniquamente nel tempio di GiunoneLacinia, inviolato fino a quel tempo, molti di stirpe italica che, rifiutandosi di seguirlo in Africa, vi si erano ritirati.” Correva l’anno 2003 avanti Cristo e non il 196…
Volendo aderire ad ogni costo alla tesi dei Mauri fondatori di S.Mauro, occorrerebbe pensare che Annibale avesse inviato a Siberene o “Severiana”, “un oscuro villaggio ignoto alle fonti classiche”, per custodirla, ma col segreto proposito di sbarazzarsene, un piccolo contingente di Mauri ammalati o feriti irrecuperabili, e che poscia la cittadina li avesse relegati a San Mauro.
La tradizione, così come ci è stata presentata, ha tutta l’aria di essere stata montata dalla fantasia di un noto arciprete, studioso di classici. In effetti l’autentica tradizione popolare afferma tuttora e con semplicità che il paese venne fondato dagli Africani che negli antici tempi invasero le nostre terre e che il loro capo, tal Mauro, avrebbe dato il suo nome al paese.
Adesso tentiamo una ricostruzione storica più dettagliata.
Nel IX secolo, troviamo Siberene, in seguito detta S.Severina, sede di un emirato arabo per circa mezzo secolo.
Verso l’anno 840, salvatasi a stento Crotone, cadde anche Leonia, piccola fortezza più a valle di S. Severina. Essa fu rasa al suolo ed è da pensare che che una fine simile facessero i piccoli vicinissimi villaggi. Dopo tanti tentativi fatti dai Bizantini di scacciare gli arabi da S.Severina, correndo l’anno 885 arrivò il valoroso Nicodemo Foca che riuscì nell’impresa.
C’è chi dice che l’esercito di bizantini fosse un’accozzaglia di predoni, peggiori degli stessi arabi, e che nel loro passaggio ghermirono nelle campagne migliaia di Italiani fra i sudditi fedeli all’imperatore. Niceforo, sicuro di incontrare nelle sue milizie altro che disobbedienza ed indisciplina, lasciò fare. Quando fu richiamato in patria, egli ricondusse il suo esercito a Brindisi per imbarcarlo, trascinandosi dietro il miserabile gregge dei prigionieri pronti ad essere venduti sui mercati dell’Oriente. Ma lì Niceforo diede l’ordine preciso che i soldati fossero i primi ad imbarcarsi. Non appena le truppe furono tutte sulle navi, fece tirare le ancore e spiegare le vele lasciando sulla riva i prigionieri italiani ed arabi, tutto ad un tratto restituiti della libertà.
Potrebbe darsi che, una tribù moresca, ormai dimentica della terra d’origine ed affratellata dalla lunga convivenza e dai comuni pericoli corsi,col beneplacito del popolo severinate e consenziente le autorità bizantine, sia rimasta nelle vicinanze della città e vi abbia fondato o ripopolato il casaletto che, col suo nome arabo “Mawru”, poscia grecizzato e latinizzato,avrebbe conservato il ricordo imperituro dell’evento. Da notar che il fatto non era insolito, se si considera che i Normanni, allorché s’impadronirono della Calabria, trovarono da noi abitatori delle più varie estrazioni: greci, latini, arabi, slavoni, ungari, longobardi, ebrei. E’ a questo stato di cose che risale la vera tradizione popolare sammaurese.
Secondo alcune fonti, non molto dopo la conquista di Niceforo Foca, a causa della caduta di tutta la Sicilia sotto il dominio degli Arabi, arrivarono in Calabria, dalla vicina isola, numerosi profughi cristiani trovandosi buona accoglienza nella diocesi di S.Severina e in quelle vicine. Il paesello dei Mauri, secondo la consuetudine bizantina di dare il nome dei Santi ai luoghi di recente fondazione, fu detto “S.Mauro”, evidentemente per una ragione di omofonia. L’attuale nostra S.Mauro si può tranquillamente considerare, con al sua ubicazione su una collina circondata da valli e dirupi, un tipico “castello” bizantino;. L’insediamento in loco di una popolazione greco-bizantina o la bizantinizzazione della popolazione raccogliticcia ivi residente è resa manifesta soprattutto dalla toponomastica rurale. Si sa che i nomi dati ai terrini sfidano i secoli. Nei documenti del ‘500 e del ‘600 ed ancora oggi sono stati rilevati: “Caravà”, “Ramadà”, Caladìa”, “Varvariti”, Castellace” e tanti altri.
Sopra tutti i toponimi emerge il più antico e il più noto di essi, “Caravà”, che servì a distinguere la nostra Sa.Mauro dall’altra presso Corigliano: “San Mauro de Carava” èinciso sul sigillo dell’Università e lo si legge spesso nei registri Angioni ,Aragonesi e successivi. Gli arabi o Mauri, ai quali abbiamo attribuito il diritto di priorità nella fondazione della cittadina attuale, è noto come essi abbiano poco influito sulla toponomastica dei nostri luoghi.

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